Ricostruire un mondo richiede tempo, e tutto sommato non ci ho messo nemmeno troppo. La sera del mio compleanno, il 9 gennaio 2025, io e il mio compagno abbiamo inaspettatamente trovato casa. La fine dell’inverno, con i suoi bui e i suoi silenzi pomeridiani, ci ha costretti a un’attesa che a un certo punto mi è sembrata non finire mai. Erano mesi che vivevamo in un limbo fatto di oggetti e vestiti appoggiati a casa altrui, tra una trasferta di lavoro e l’altra oltre Manica o più tristemente oltre il confine della regione. A me quasi sembrava che ormai andasse bene così, in quel piccolo nido caldo che gli amici kiwi ci avevano prestato, in cui per qualche mese avevo anche vissuto da sola, io, Alice e un geco dallo sguardo fintamente disinteressato, quindi non proprio da sola. Avevo mangiato interi tubi di Nutella biscuits senza vergognarmi, scritto le mie prime newsletter e indossato per settimane sempre la stessa tuta. Facevo finta di dimenticarmi di fare la doccia o di essere troppo stanca, oppure diciamo la verità, mi prendevo la libertà di far finta di non esistere, e questo ho fatto, ho fatto finta per qualche mese di non esistere. È stato bello, a tratti triste o malinconico, mentre assistevo da lontano allo smantellamento di una intera identità: la mia, fatta della casa che stavamo lasciando, la grande villa di Nelle terre dei lupi, quella della famiglia di cui avevo fatto parte per cinque anni e quella della mia relazione, giunta a un momento liberatorio e catartico. A fine Aprile abbiamo iniziato, dunque, l’ultima fase di questo trasloco, iniziato come i primi momenti del Diluvio Universale, con la casa che si allagava a causa della pioggia continua e noi a portare in salvo i cani, il gatto, le carpe (che forse si sarebbero salvate anche da sole), su un’arca fatta di tenacia, sgomento e senso del dovere. Ci è voluto un mese per riarredare la casa da cui ora scrivo, decidere cosa buttare e cosa tenere e cosa comprare, e soprattutto ricostruire un mondo. I traslochi mettono di fronte a grandi vuoti, un ossimoro se pensiamo a quanta roba si scopre di avere, quando si iniziano a riempire montagne di scatoloni. Ma è indubbiamente il senso di vuoto a definire il ricostruire quel mondo. Il mondo è il tracciato dei percorsi dentro nuove stanze, è il ritmo delle giornate, le voci e i suoni che entrano dalle finestre, gli utensili mai utilizzati di una cucina che ci guarda sfidante, il letto che punta a una finestra su una vallata nuova. Il mondo è la risposta alla domanda fondamentale: chi sono? Chi sto diventando, adesso? Per qualche sera il cielo fuori dalla finestra mi è parso muto, e popolato solo di qualche automobile in lontananza. Poi ho scoperto che il signore che vive nel palazzo di fronte, a circa un salto dalla finestra della cucina (il bello dei paesini medievali e del vivere sui tetti), fotografa galassie nel tempo libero. Ho scoperto che c’è un gatto nero che gira tra i tetti, che i colombi sono pochi e le taccole sono padrone del campanile, che ci sono codirossi ovunque, alcuni storni, gechi grossi come iguane, e tre specie di uccelli simili a rondini. Di queste, una nidifica accanto alla finestra della camera da letto, in una rondonaia che, ho imparato, una volta era accessibile dalla casa dei miei vicini, e permetteva di prelevare i pulli e mangiarli. Mentre io rimettevo insieme i pezzi ovviamente il mondo degli altri andava avanti, e di fatto ci sono state tante cose degne di nota.
Ho ricevuto un libro importante, quello di Tommaso d’Errico per Io non ho paura del lupo che, purtroppo non ho avuto ancora tempo di leggere ma che ha già guadagnato bellissime recensioni. Un saggio che, conoscendo i protagonisti, sarà sicuramente di grande ispirazione per comprendere davvero il ritorno del lupo e la strada della coesistenza. Un altro libro arrivato alla porta del mio nuovo mondo è Femmine. Ribelli per natura. Un saggio divertente sull’essere femmina nel regno animale, in cui ho ritrovato tante storie che hanno popolato le mie puntate in radio. A proposito di radio, qui trovi tutte le ultime puntate di La bella e le bestie che andrà in onda fino a fine luglio e poi vedremo. Spammo con vigore e piacere anche il libro dell’amica Giulia Meta, Io non sono nata coraggiosa, che ha ringraziato con un no le case editrici perché voleva scrivere quel che diceva lei. E ha scritto di crescita personale, dolore e un coraggio conquistato (sinceramente Giulia, a me sembri proprio un concentrato di coraggio, ti è riuscita bene questa metamorfosi) invece che di viaggi instagrammabili. Chapeau.
Sul fronte mostre, vi segnalo Flowers, al chiostro del Bramante: dal Rinascimento all’intelligenza artificiale” Flowers propone un percorso in cui emerge l’inesauribile potere evocativo dei fiori, capaci di unire arte, scienza e tecnologia in un racconto universale che attraversa i secoli: dai capolavori di Jan Brueghel e Ai Weiwei alle più recenti sperimentazioni dell’arte contemporanea con le tecnologie digitali (copia - incollato dal sito).
A Londra invece fino al 31 agosto semelaperdomisparo c’è un’altra mostra dedicata ai fiori, FLOWERS – FLORA IN CONTEMPORARY ART & CULTURE. Questa mostra svela i molteplici modi in cui i fiori continuano a essere rappresentati dagli artisti e la loro onnipresenza nella cultura contemporanea. Occupando due piani e nove importanti spazi espositivi, la mostra presenta installazioni di grandi dimensioni, opere d'arte originali, fotografie, moda, oggetti d'archivio e grafica, esplorando l'influenza continua dei fiori sulla creatività e l'espressione umana.
Oltre a studi sulla loro intrinseca bellezza e drammaticità, i fiori sono anche utilizzati come simboli, significanti o metafore per le emozioni e gli impulsi umani. La flora è al centro di miti e storie che plasmano la nostra prospettiva culturale e il nostro linguaggio. Riconosciuti come oggetti di ineguagliabile bellezza in natura, gli artisti continuano a evocare il potere e la bellezza della flora per veicolare una moltitudine di messaggi e significati (cit. dal sito).
Varra la pena vederle? Vale sempre la pena investigare la natura attraverso la lente dell’arte e la sensibilità figurativa altrui. Se potete andate prima a vedere quella di Londra perché quella di Roma finisce nel 2026, c’è tempo.
È purtroppo già finita da un pezzo questa mostra, SOIL: the world at our feet a Somerset House, sempre Londra; vi metto il link lo stesso perché era Mind-blowing come direbbe il mio compagno e c’è ancora lo shop online se dovete fare qualche regalo particolare.
Per chi sta a Livorno e dintorni segnalo una proiezione dalla locandina Livornese oltre misura, io non posso andarci perché sarò su un aereo per Yellowstone, ma voi se potete andate.
Cosa vado a fare a Yellowstone? Vado a onorare il mio ruolo di ambasciatrice della Great Elephant Migration, una grande campagna di fund raising tutta costruita intorno a una mostra itinerante. Condividerò ogni istante di questo viaggio sul mio profilo Instagram perciò se vi interessa saperne di più sul tema della coesistenza, gli elefanti indiani, i progetti sostenuti e le altre matriarche partecipanti quello è il place to watch.
Ci risentiamo al mio rientro con una novità croccante!
Mia